Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri,  rappresentato
e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale  dello  Stato,  presso  cui
domicilia in Roma, Via dei Portoghesi n. 12; 
    Contro la regione Veneto, in persona del Presidente della  Giunta
Regionale  pro   tempore   per   la   declaratoria   d'illegittimita'
costituzionale dell'art. 4 comma 1 e dell'art. 15 commi 1 e  2  della
legge regionale Veneto n. 7 del  18  marzo  2011  «Legge  finanziaria
regionale per l'esercizio 2011», pubblicata sul Bollettino  Ufficiale
della Regione Veneto del 22 marzo 2011, n. 23. 
    Tutte    le    disposizioni     sopra     richiamate     appaiono
costituzionalmente illegittime, sotto  i  profili  che  verranno  ora
evidenziati, e pertanto il Governo - giusta  delibera  del  Consiglio
dei Ministri in data 19 maggio 2011 (che per  estratto  autentico  si
produce sub 1) - ai sensi dell'art. 127  Cost.,  la  impugna  con  il
presente ricorso per i seguenti 
 
                             M o t i v i 
 
1) Violazione dell'art. 117 commi 1 e 3 e dell'art. 41 Cost. 
    La  legge  regionale  n.  7  del  18.3.2011  (legge   finanziaria
regionale per l'esercizio 2011), pubblicata nel B.U.R. della  Regione
Veneto  del  22.3.2011  n.  23,  all'art.  4,  comma   1,   rubricato
"Disposizioni transitorie in materia di impianti fotovoltaici a terra
e di impianti di produzione alimentati  da  biomassa  e  a  biogas  e
bioliquidi e oneri istruttori in attuazione del decreto del Ministero
dello Sviluppo economico del  10  settembre  2010  «Linee  guida  per
l'autorizzazione degli  impianti  alimentati  da  fonti  rinnovabili»
prevede che, «nelle more dell'emanazione del  decreto  del  Ministero
dello Sviluppo economico di cui all'art. 8-bis del  D.L.  30.12.2008,
n. 208 e  dell'approvazione  di  uno  specifico  stralcio  del  Piano
energetico  regionale  di  cui  all'art.  2   della   L.R.   25/2000,
......relativo alla produzione di energia da  fonti  rinnovabili,  da
parte del Consiglio Regionale e comunque non oltre il 31.12.2011, non
possono  essere  rilasciate  autorizzazioni  alla  realizzazione   ed
all'esercizio di impianti fotovoltaici a terra in  area  agricola  di
potenza di picco superiore a 200kWp  di  impianti  di  produzione  di
energia alimentati da  biomassa  di  potenza  elettrica  superiore  a
500kWe, nonche' di quelli alimentati a biogas e bioliquidi di potenza
elettrica superiore a 1000kWe». 
    Cosi' disponendo, il  legislatore  regionale  viola  l'art.  117,
comma  primo  della  Costituzione,  in  quanto  tale  diposizione  e'
evidentemente ostativa al rispetto  degli  impegni  internazionali  e
comunitari assunti dallo Stato. 
    Infatti, la norma regionale in epigrafe indicata pone  un  chiaro
limite alla produzione di energia da fonti rinnovabili sul territorio
regionale in contrasto con  le  norme  internazionali  contenute  nel
Protocollo di Kyoto ed in  contrasto  con  la  normativa  comunitaria
(art. 3 direttiva n. 2001/77/CE) che incentivano, invece, lo sviluppo
delle suddette  fonti  di  energia,  individuando  soglie  minime  di
produzione  che  ogni  Stato  si  impegna  a  raggiungere  entro   un
determinato periodo di tempo (cfr. Corte Cost.,  sent.  3/4/2010,  n.
124). 
    Si rileva, infatti,  che  sia  la  legislazione  comunitaria  che
quella nazionale manifestano un orientamento favorevole per le  fonti
energetiche rinnovabili al  fine  di  porre  le  condizioni  per  una
adeguata diffusione dei relativi impianti. In particolare, in  ambito
europeo, un orientamento in tal senso e' rinvenibile nella  direttiva
n. 2001/77/CE ed in quella piu' recente del 23.4.2009, n. 2009/28/CE,
che ha confermato questa impostazione di fondo. 
    In abito nazionale, la normativa comunitaria  e'  stata  recepita
dal D.lgs. n. 387/2003, il cui l'art.  12,  come  riconosciuto  dalla
Corte Costituzionale, enuncia  i  principi  fondamentali  in  materia
(Corte Cost., sent. 13/11/2006, n. 364). 
    In particolare,  il  citato  art.  12,  comma  10  del  d.lgs  n.
387//2003   dispone   che   le   Regioni   possono   procedere   alla
individuazione di aree non idonee alla realizzazione di  impianti  da
fonti rinnovabili, in attuazione e nel  rispetto  delle  Linee  Guida
nazionali. 
    Ebbene,  ai  sensi  dell'art.  17  (in  combinato  disposto   con
l'allegato 3) delle Linee Guida adottate con D.M. 10.09.2010, le aree
non  idonee   possono   essere   individuate   solo   a   determinate
condizioni,tassativamente elencate, nessuna delle quali ricorre nelle
disposizioni censurate. 
    In effetti, ai sensi delle  citate  linee  guida  ministeriali,le
aree non  idonee  possono  essere  individuate  in  relazione  non  a
categorie generalizzate  di  aree  ma  solo  a  specifici  siti,  con
riguardo  all'installazione  solo  di   determinate   tipologie   e/o
dimensioni  di  impianti,  previo  espletamento  di  una  istruttoria
approfondita  (dei  cui  esiti  deve   darsi   adeguato   conto   nel
provvedimento regionale che indica le aree non idonee), che individui
le  specifiche   aree   particolarmente   sensibili   o   vulnerabili
all'interno delle tipologie di aree elencate all'allegato 3. 
    Ulteriori principi fondamentali  sono  stati  fissati,  anche  in
questo ambito, dalla legge n. 239/2004 che ha realizzato "il Riordino
dell'intero settore energetico, mediante una legislazione di cornice"
(Corte Cost., sent. 14/10/2005, n. 383). 
    Si  evidenzia  altresi'  che  il   divieto   di   rilasciare   le
autorizzazioni alla costruzione ed all'esercizio degli impianti sopra
richiamati, si traduce in pratica nell'impossibilita', da parte degli
operatori del settore, di presentare nuove istanze  per  il  rilascio
dell'autorizzazione in parola. Questo si pone in netto contrasto  con
il principio di liberta' di iniziativa economica di cui  all'art.  41
Cost. e con il  principio  di  liberalizzazione  delle  attivita'  di
produzione.,  importazione,  esportazione,  acquisto  e  vendita   di
energia elettrica di cui all'art.  1,  comma  1  del  d.lgs.  79/1999
(attuazione della direttiva 96/92/CE  recante  norme  comuni  per  il
mercato interno dell'energia elettrica) nonche'  con  l'obiettivo  di
incremento della produzione e dei consumi finali di energia da  fonti
rinnovabili,  in  attuazione  delle  disposizioni  comunitarie  sopra
richiamate. 
    Il legislatore regionale, disponendo  dunque  (all'art.  4  della
L.R. Veneto n. 7 del 18.3.2011 quivi impugnata e in  epigrafe  meglio
indicata) in modo difforme  dalle  norme  nazionali,  comunitarie  ed
internazionali,  eccede  dalla  propria  competenza   e   viola,   di
conseguenza, l'art. 117, commi 1  e  3  della  Costituzione,  nonche'
l'art. 41 Cost.. 
2) Violazione dell'art. 117 comma 3 (in materia di protezione civile)
e comma 2 lett. m) Cost. 
    L'art. 15, recante modifiche alla  legge  regionale  27  novembre
1984, n. 58 "Disciplina degli  interventi  regionali  in  materia  di
protezione civile", dispone, al  comma  1  che,  "Ferme  restando  le
competenze del Sindaco, nei casi di emergenza di  protezione  civile,
per gli eventi di cui all'art. 2, lettera b) della legge 24  febbraio
1992, n. 225 "Istituzione del  servizio  nazionale  della  protezione
civile" e successive modificazioni, il presidente della provincia  e'
autorita'  di  protezione  civile,  responsabile  dell'organizzazione
generale dei soccorsi a livello provinciale ed  il  Presidente  della
Giunta regionale e' autorita' di protezione civile, responsabile  del
coordinamento degli interventi organizzati dalle province interessate
e degli eventuali interventi diretti richiesti in via sussidiaria dai
presidenti delle province". 
    Al comma 2 dispone  che  "il  coordinamento  e  l'adozione  degli
interventi di cui all'articolo 2, lettera b) della legge n. 225/92  e
al verificarsi di situazioni di pericolo o di danno nei territori  di
rispettiva competenza, i  sindaci  e  i  presidenti  delle  comunita'
montane forniscono alle sale operative delle province e  le  province
forniscono alla sala operativa regionale tutti gli elementi utili per
la  conoscenza  dell'evento  e  per  l'assunzione  delle   iniziative
necessarie". 
    Tale disciplina incide in  modo  sostanziale  ed  innovativo  nel
sistema regionale di protezione civile. Infatti, le  disposizioni  in
epigrafe attribuiscono, nei casi di emergenza di  protezione  civile,
per gli eventi di cui all'art, 2, comma  1,  lett.  b)  della  L.  n.
225/92, al Presidente  della  provincia  il  ruolo  di  autorita'  di
protezione  civile,  responsabile  dell'organizzazione  generale  dei
soccorsi  a  livello  provinciale,  e  al  Presidente  della   Giunta
regionale il ruolo di autorita' di  protezione  civile,  responsabile
del  coordinamento  degli  interventi  organizzati   dalle   province
interessate e degli interventi diretti, richiesti in via  sussidiaria
dai Presidenti delle province.  Incongrua  risulta  essere  anche  la
formulazione della norma de qua laddove prevede - come  detto  -  che
per gli interventi di cui all'art. 2, comma  1,  lett.  b)  della  L.
225/92,  competente  sia  il  Sindaco,  alla  luce   delle   seguenti
considerazioni e argomentazioni. 
    Come abbiamo visto, la norma  qui  impugnata  e'  finalizzata  ad
approntare specifiche modifiche alla legge regionale  del  Veneto  27
novembre  1984,  n.  58,  recante  la  "Disciplina  degli  interventi
regionali in materia di protezione civile". 
    Del  tutto  evidente  appare  quindi  la  riconducibilita'  della
disciplina  in   esame   nell'ambito   della   potesta'   legislativa
concorrente in materia di "protezione  civile",  ai  sensi  dell'art.
117, comma 3, della Costituzione. 
    Orbene - com'e' noto  -  per  espressa  previsione  della  citata
disposizione   costituzionale,   nelle   materie   di    legislazione
concorrente spetta allo Stato dettare i principi fondamentali, mentre
alla Regione e' riservata la disciplina di dettaglio. 
    Tale  criterio  generale  in  materia  di  regolamentazione   del
"concorso" tra il legislatore statale e quello regionale  ha  trovato
ulteriore specificazione ad opera  della  copiosa  giurisprudenza  di
codesta Ecc.ma Corte successiva  alla  riforma  del  Titolo  V  della
Costituzione. 
    Nel contesto della minuziosa opera di interpretazione  del  nuovo
testo dell'art. 117, di determinazione degli ambiti delle materie ivi
contemplate  e  di  definizione  delle   competenze   rispettivamente
attribuibili allo Stato e alle  Regioni,  la  Corte  ha  innanzitutto
avuto modo  di  affrontare  apertamente  il  tema  della  natura  dei
principi  fondamentali.  affermando  che  "l'ampiezza  e  l'area   di
operativita' dei  principi  fondamentali  -  non  avendo  gli  stessi
carattere «di rigidita' e di  universalita'»  -  non  possono  essere
individuate  in  modo  aprioristico  e  valido  per  ogni   possibile
tipologia   di   disciplina   normativa.   Esse,   infatti,    devono
necessariamente essere calate nelle specifiche realta' normative  cui
afferiscono e devono tenere conto, in modo particolare, degli aspetti
peculiari con cui tali realta' si presentano" (Corte cost.,  sentenza
n. 336 del 2005; cfr. anche Corte cost., sentenza n. 307  del  2003).
Fondamentale rilievo assume dunque, in ogni  caso,  la  tutela  delle
esigenze unitarie di cui e' portatore lo Stato. 
    Sin dal primo  momento  codesta  Ecc.ma  Corte  ha  costantemente
ribadito il principio per cui, nel vigore della riforma del Titolo V,
parte  seconda,  della  Costituzione,   la   legislazione   regionale
concorrente deve necessariamente svolgersi nel rispetto dei  principi
fondamentali determinati dalla legge dello Stato  e  che  pertanto  i
suddetti principi, ove non ne siano stati formulati  di  nuovi,  sono
quelli desumibili dalla normativa statale previgente (v., in tema  di
"professioni", Corte cost., sentenze nn. 424, 355  e  319  del  2005,
sentenze nn. 201 e 353 del 2003 e sentenza n. 282 del 2002). 
    In  simili  ipotesi,   dunque,   l'esercizio   della   competenza
legislativa regionale deve sempre avvenire  (ai  sensi  dell'art.  1,
comma 3, della legge 5 giugno 2003, n.  131)  nel  rispetto  di  quei
principi comunque risultanti anche dalla legislazione statale gia' in
vigore. 
    Ebbene, la previsione di cui al qui censurato art. 15 della legge
finanziaria regionale Veneto 2011 si pone evidentemente in  contrasto
rispetto  agli  indicati  parametri  interpretativi.   Essa   infatti
individua nel Presidente della provincia  l'autorita'  di  protezione
civile, responsabile  dell'organizzazione  generale  dei  soccorsi  a
livello provinciale per gli interventi di cui  all'art.  2,  comma  1
lett. b) della  legge  n.  225  del  24.2.1992  ("eventi  naturali  o
connessi con l'attivita' dell'uomo che per loro natura ed  estensione
comportano l'intervento coordinato di  piu'  enti  o  amministrazioni
competenti in via ordinaria"). 
    Una  siffatta   disposizione   appare   tuttavia   manifestamente
contraria al dettato dell'art. 14 della menzionata legge  n.  225/92,
il  quale  attribuisce  espressamente  al  Prefetto  una   serie   di
competenze, tra cui in particolare quella di assumere  "la  direzione
unitaria dei servizi di emergenza da attivare a livello provinciale". 
    L'attribuzione  di  competenze  generali  al   Presidente   della
provincia in materia  di  protezione  civile  a  livello  provinciale
integra  quindi  una  chiara  violazione  delle  norme  generali   di
organizzazione contenute nella legge-quadro sulla protezione civile. 
    Invero, come e' noto, tale  legge-quadro  e'  la  fonte  di  quei
principi fondamentali del settore nel rispetto dei quali deve  essere
esercitata la competenza legislativa concorrente delle Regioni. 
    A questo proposito, e' appena il caso di ricordare che, in  forza
di quanto disposto dall'art. 12, comma 4, della legge n.  225/92,  le
disposizioni contenute nella predetta legge  "costituiscono  principi
della legislazione statale  in  materia  di  attivita'  regionale  di
previsione, prevenzione e soccorso di protezione civile, cui dovranno
conformarsi le leggi regionali in materia". 
    Per mezzo della suddetta legge, lo  Stato  ha  quindi  fissato  i
principi  fondamentali  della   materia,   lasciando   alle   Regioni
esclusivamente il potere di emanare la normativa di dettaglio. 
    Ne' potrebbe rilevare, in senso contrario,  la  previgenza  della
legge de qua rispetto all'entrata in vigore del nuovo Titolo V  della
Costituzione, a cio' ostando la costante  giurisprudenza  di  codesta
Ecc.ma Corte, sopra richiamata. 
    Infine,   non   sembra   potersi   revocare   in    dubbio    che
l'individuazione di una competenza unitaria in capo al rappresentante
del Governo nelle situazioni di emergenza sia finalizzata a garantire
l'uniformita' degli standard di protezione attraverso  la  fissazione
di una normativa uniforme, valida su tutto il territorio nazionale. 
    La   necessita'   dell'intervento    statale    appare    infatti
imprescindibile nel settore  in  questione,  in  cui  sono  coinvolti
interessi ed esigenze dell'intera collettivita' nazionale, connessi a
valori costituzionali di rilievo  primario,  in  quanto  strettamente
inerenti alla difesa dell'ordine e della sicurezza pubblica. 
    Quello dettato dall'art. 14 della legge n. 225/92  e',  pertanto,
un principio fondamentale direttamente funzionale alla  tutela  delle
specifiche esigenze di  unitarieta'  sussistenti  nel  settore  della
protezione  civile,  delle  quali  e'  portatore  lo  Stato   ed   e'
espressione il legislatore nazionale. 
    Esso corrisponde quindi esattamente alla  nozione  di  "principio
fondamentale", per come ricostruita dalla consolidata  giurisprudenza
costituzionale sopra illustrata. 
    Peraltro,  la  norma  di  cui  al  citato  art.  14  deve  essere
considerata espressione di un  principio  insuscettibile  di  diversa
regolamentazione  ad   opera   del   potere   legislativo   regionale
concorrente  anche  per  ragioni  di  sussidiarieta'  ascendente   ed
adeguatezza,  essendo  legata  alla  normativa   di   principio,   di
competenza statale, da un rapporto  di  necessaria  integrazione  (v.
Corte cost., sentenza n. 430 del 2007). 
    E' invero incontestabile ed innegabile che la  normativa  statale
su richiamata dispone che per tali eventi, in materia  di  protezione
civile, la competenza sia del Prefetto. 
    Infatti,  nell'attuale  quadro  istituzionale,  la   legislazione
ordinaria di cui al citato art. 14 della L. n. 225/92,  riconosce  al
Prefetto la direzione unitaria dei servizi di emergenza da attivare a
livello provinciale al verificarsi di uno degli eventi calamitosi  di
cui all'art. 2, comma 1 lett. b)  della  L.  n.  225/92.  Si  osserva
inoltre, che l'art. 108 del D.Lgs. n. 112/98 non  riconosce  analoghi
compiti di gestione dell'emergenza alla provincia, cui  e'  demandata
la vigilanza sulla predisposizione, da parte di strutture provinciali
di protezione civile, dei servizi urgenti, anche di  natura  tecnica,
da attivare in caso di eventi calamitosi di cui all'art. 2, comma  1,
lett. b) della L. n. 225/1992. 
    Anche l'art. 5, comma 4 del D.L. n.  343/2001,  conv.  in  L.  n.
401/2001, conferma l'attribuzione al Prefetto delle funzioni relative
alle  attivita'  tecnico-operative  volte  ad  assicurare   i   primi
interventi al verificarsi degli eventi calamitosi, da  effettuarsi  a
cura degli organi statali in concorso con le Regioni e cio', sia  con
riferimento alla direzione  unitaria  dei  servizi  di  emergenza  da
attivare a livello  provinciale  attraverso  l'adozione  di  tutti  i
provvedimenti ritenuti necessari, sia vigilando  sull'attuazione,  da
parte delle strutture provinciali di protezione civile,  dei  servizi
urgenti, anche di natura tecnica. 
    Da cio' deriva anche l'esigenza che  le  funzioni  amministrative
ripartite sulla base di principi di sussidiarieta' ed adeguatezza  di
cui all'art. 118 della  Costituzione,  spettano  allo  Stato  laddove
sussista l'esigenza di un coordinamento tra Stato e Regione. 
    Pertanto, il legislatore regionale, prevedendo nelle disposizioni
normative  quivi  censurate   una   generalizzata   attribuzione   al
Presidente della Provincia della responsabilita'  dell'organizzazione
dei soccorsi a livello provinciale, senza circoscrivere il potere  di
intervento  ai  compiti   ed   alle   funzioni   di   sua   spettanza
(volontariato, viabilita' provinciale, ecc.),  eccede  dalle  proprie
competenze e, ponendosi in contrasto con le disposizioni  statali  su
richiamate, viola l'art. 117, comma 3 della Costituzione  in  materia
di protezione civile nonche' l'art. 117,  comma  2,  lett.  m)  della
Costituzione, che riserva allo Stato la  determinazione  dei  livelli
essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili  e  sociali
che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale.